21 febbraio 2007

alle urne (si spera)

Si e' concluso in anticipo il mandato Prodi. Peccato, perche' ci si stava facendo l'abitudine ai voltagabbana elettorali, agli indulti, alla droga legalizzata, ai matrimoni fra omosessuali, alla finanziaria di risanamento che non risana, ed alle riforme che non riformano. Di quel passo, fra altri sei mesi, si avrebbe avuto lo scioglimento del concordato fra stato e chiesa, il matrimonio poligamo, e l'uscita dell'Italia dai G8 a causa di un debito pubblico grande come il mare e che il Governo Prodi voleva ridurre con il cucchiaino. Peccato, perche' finalmente l'Italia sarebbe andata in bancarotta, la classe politica sarebbe stata spazzata via dal popolo a schiaffoni, gli industriali si sarebbero rimboccati le maniche, e si sarebbe ricostruita l'Italia su nuove basi democratiche, a partire dalla riscrittura dagli articoli 67 e 68 della Costituzione, per i quali la classe politica e' libera di agire arbitrariamente. Peccato.

13 febbraio 2007

Informatica

In questi giorni si parla finalmente di economia nell'industria dell'Informatica. Non ne parlano le Istituzioni, non ne parla la stampa su carta, ne parla invece "Punto Informatico", un giornale online del settore.

La professione di Informatico, vista dal dipendente:

  • e' usurante: La scienza medica registra per gli Informatici patologie alla vista, al sistema scheletrico, ed al sistema neuro-vegetativo.
  • e' non regolamentata: Mentre in tutti gli altri settori produttivi vige la legge delle 40 ore settimanali, nell'industria Informatica si lavora 80 ore settimanali.
  • e' sottopagata: La Statistica di settore dice che in Italia il livello di retribuzione e' nella media Europea. La Statistica dice anche che se immergi I piedi in un blocco di ghiaccio e ficchi la testa in una pentola di acqua bollente, la tua temperatura media e' proprio quella fisiologica di 36 gradi Celsius e dunque stai benissimo. In economia, con stipendi da 400 euro da una parte e bonus TFR di qualche milione di euro dall'altra, la Statistica diche che siamo allineati alla media Europea. Resta il problema che, nel fare la media, la Statistica bilancia una manciata di stipendi altissimi con un mare di stipendi bassissimi. Lo stipendio medio reale, per un Informatico in Italia, e' di circa 600-800 euro al mese, quanto basta per affittare una camera da letto presso terzi.
  • e' precaria: come altre, peggio di altre.

Un lavoro non regolamentato, che ti impegna l'intera giornata, usurante, sottopagato, e precario, e' precisamente la definizione di schiavitu' moderna. Life-for-Food, la tua vita in cambio di un buono per la mensa. E non siamo in Africa; siamo in Italia. In Africa danno via il petrolio, ed hanno cibo in cambio. In Italia, dai via la tua giovinezza, e ti ritrovi a quarant'anni con un buco in tasca.

La professione di Informatico, vista dal datore di lavoro:

  • l'unica legge che tutela il software e' il CopyRight;
  • Il CopyRight del software prodotto dai miei dipendenti mi appartiene;
  • Il mio profitto deriva da contratti di licenza per software prodotto di miei dipendenti;
  • I professionisti dell'Informatica sono adulti con esperienza, ma mordono il freno per avere una posizione stabile, per comprarsi casa e metter su famiglia, ma io non voglio dividere I miei profitti con loro, dunque assumo neo-laureati, giovani, pieni di energie e di idee innovative, li sfrutto a 10-12 ore al giorno per 600-800 euro al mese finche' resistono. Quando sono esauriti e depressi, li licenzio e li sostituisco con altri neo-laureati, ed il ciclo continua. I dipendenti vanno e vengono, ed e' normale in un mercato in cui vale la legge Biagi. Io resto proprietario del CopyRight, dunque continuo a vendere le licenze.


Il problema:

Per spiegare veramente il problema, bisogna paragonare la professione di informatico ad altra professione regolata dalla stessa legge ma di cui si ha migliore intuizione. Poiche' l'unica legge che tutela l'informatico e' il copyright, l'Informatico e' come l'autore di un libro, e le societa' di informatica sono come le case editrici. Cosa succede se gli autori dei libri sono anche dipendenti della casa editrice? Per legge, il copyright prodotto da un dipendente appartiene al datore di lavoro; il copyright, nato per tutelare l'autore, diventa di proprieta' della casa editrice. Dunque il libro e' di proprieta' della casa editrice, e l'autore stipendiato non riceve royalty. Invece, come ben noto, un autore di libri vive dalle royalty, che percepisce anche quando non scrive piu', ed I suoi familiari riceveranno le royalty fino a 70 anni dopo la sua morte. Il software, invece, e' "prodotto" in modo collaborativo da dipendenti, e dunque appartiene al datore di lavoro. Si legga bene la frase precedente, perche' e' la chiave di lettura del problema. Si parla infatti di produzione o gestione del software, non di progettazione; le societa' di Informatica in Italia, ben sapendo il significato di copyright, si guardano bene dall'avere progettisti, poiche' il lavoro di un progettista ha il copyright. La costruzione o gestione del software, invece, e' un lavoro collaborativo di routine, come I manovali in una impresa di costruzioni o gli amministratori di condominio, e dunque non qualifica per copyright. Di fatto esiste la progettazione, ma e' nascosta, frammentata, svolta da persone assunte come "tuttofare", e non appena emerge un qualche livello di originalita', interviene un dirigente per alterare la forma dell'invenzione in modo che sia chiaro che l'opera e' di proprieta' della societa' e non dell'autore dipendente. La casa editrice resta proprietaria dell'opera, e continua a trarne profitto per un tempo indefinito, mentre gli autori del software sono costretti a lavorare anche come manovali e non ricevono alcuna royalty. Non si e' mai visto un annuncio di lavoro per "architetto/muratore", ma si vedono in continuazione annunci di lavoro per "analista/programmatore/amministratore". Tutto questo e' ovviamente il risultato della mancanza di un quadro normativo che dia dignita' alla professione di Informatico progettista (percettore di royalty) e che la distingua in modo netto da quella di Informatico programmatore/amministratore (senza royalty, e dunque lavoratore dipendente). La cosa ancor piu' criminosa e' lo sfruttamento dei neo-laureati. Non e' affatto vero che I neo-laureati non sanno lavorare. In realta', I neo-laureati sono persone fresche di studi aggiornati, hanno energia fisica e mentale, hanno stamina, reggono ritmi di lavoro impensabili per gli adulti, e sono autentici vulcani di idee innovative. Sfruttarli e' un crimine. Lo Stato investe molto nell'universita', non quanto in altri paesi, ma e' comunque un investimento notevole i cui frutti non possono andare sprecati a causa di un mercato senza etica professionale.

Il Parlamento deve interrogarsi sul fenomeno, per regolamentare l'industria Informatica e dare dignita' ad una professione importante e difficile. Gli autori di software devono percepire le royalty. Bisogna separare la carriera dell'Informatico progettista da quella dell'Informatico programmatore, cosi' come si separa la carriera dell'Architetto da quella del muratore, imbianchino, elettricista, idraulico, etc. Progettista e Programmatore sono mestieri di fatto distinti, ma che la assenza di regolamentazione consente di svolgere sotto lo stesso tetto, con conflitto di interessi ed abusi.

10 febbraio 2007

le primarie dei cittadini

La mia opinione e' che le primarie non risolvono alcun problema. Vado in controtendenza, ma ho ragioni ben precise per farlo.

Il cittadino partecipa alle primarie perche' si e' reso conto del grande inganno delle elezioni, e cerca di intervenire il prima possibile per prevenire il danno dovuto alla candidatura di partito e successiva elezione di persone incapaci. Ma questo non e' un reale passo avanti verso una politica migliore; e' solo una ennesima ammissione del disagio del cittadino davanti alla quasi-oligarchia ed arbitrarieta' della politica Italiana.

In realta', scegliere non fa alcuna differenza per il cittadino. La ragione e' semplice: e' una scelta non per specifici programmi, ma per un colore politico, un ideale immateriale, ed il nome del suo "leader". All'indomani delle elezioni, e' il "leader" a decidere il nome degli assessori o dei ministri, con le solite brutte sorprese per i cittadini.

Io sono per una politica diversa. Io sono stanco di eleggere un solo rappresentante, perche' nessun singolo rappresentante ha mai riunito in se la mia volonta' in specifici argomenti. Sono stanco di un presidente del consiglio dei ministri che cerca di accontentare e rappresentare opinioni diverse sotto lo stesso ombrello politico, perche' il Governo ne risente, come i fatti hanno sempre dimostrato.

Io voglio eleggere direttamente i singoli ministri ed assessori, in base a specifici progetti. In democrazia, la maggioranza vince, ed il ministro che ha avuto maggiori voti ha il dovere di realizzare il progetto per il quale e' stato eletto. L'unione dei vari ministri o assessori forma il Governo o giunta, indipendentemente dal colore politico dei singoli ministri o assessori. Quel che conta non e' il colore politico unitario del Governo o della giunta. Quel che conta sono gli specifici programmi e la loro specifica realizzazione. Ogni ministro e' investito di potere dal popolo, e' responsabile per il suo progetto, e deve condurlo fino in fondo. Il presidente del Consiglio dei ministri/sindaco/presidente della regione, non sara' eletto direttamente dai cittadini, ma avra' una carica istituzionale super-partes, come il presidente della repubblica. Serve anche modificare l'articolo 68 della costituzione, perche' consente ai parlamentari di agire in modo arbitrario; i parlamentari, al pari dei membri del governo, devono invece rispondere davanti ai cittadini del loro operato. In una Italia dai mille volti, e voltagabbana elettorali, e' necessario dare maggiore potere ai cittadini. Lo scopo della politica non e' quello di dare potere al libero arbitrio di persone fotogeniche, ma e' quello di dare potere per specifici progetti in settori chiave dello Stato. Ogni ministro ha il dovere istituzionale di esercitare il potere che gli deriva dall'essere eletto democraticamente dai cittadini per uno specifico progetto in uno specifico settore della pubblica amministrazione.